Locke: recensione

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Dal 30 aprile arriva nelle sale cinematografiche il film che ha sconvolto la 70a edizione della Mostra internazionale del cinema di Venezia: “Locke” di Steven Knight con protagonista Tom Hardy (“Inception”, “Il Cavaliere Oscuro”).
Il noto festival ha scelto di rilegare il film nella sezione “fuori concorso”, ma il pubblico e la critica lo hanno accolto con fragorosi applausi e molti film in gara sono stati messi in ombra dalla pellicola di Knight.
Ivan Locke è un uomo tranquillo: lavora con il calcestruzzo ed ha una solida vita familiare, con una moglie e due figli. Alla vigilia di una grossa commessa lavorativa, Locke riceve una telefonata che stravolge la sua vita: deve correre a Londra. Guida nella notte per riparare ai suoi errori e nel contempo, tramite il telefono, cerca di ricostruire la sua vita. Questa notte Locke ha scelto di andare incontro al suo destino e distruggerà tutto quello per cui ha faticosamente lavorato: la solidità dei rapporti familiari, la riconosciuta professionalità lavorativa, l’agiata tranquillità borghese.
Il regista Steven Knight, noto sceneggiatore (“Piccoli affari sporchi”, “La promessa dell’assassino”), è alla sua seconda prova dietro la macchina da presa e riesce a confezionare un perfetto e drammatico road movie che ruota intorno semplicemente ad unico protagonista. Grazie ad un ritmo sempre elevato, una sceneggiatura curata ed un’interpretazione magistrale, lo spettatore resta ipnotizzato e coinvolto nel gorgo delle vicissitudini del protagonista. Locke è un brav’uomo, stimato e solido, che commette un unico errore. Adesso cerca solo di risolvere, analizzare, circoscrivere l’accaduto: vuole semplicemente “fare la cosa giusta”, anche per riscattare il suo stesso triste passato familiare. Il resto del mondo però non lo perdona, non conosce alcuna misericordia perché ciascuno è intrappolato nei propri egoismi e nella propria miopia. Come dichiara la moglie di Locke:

“La differenza tra mai e una sola volta è abissale. La differenza tra mai e una sola volta è la differenza tra il bene e il male”.

Il mondo gira vorticosamente e si basa solo sulle apparenze, non c’è tempo né la volontà per fermarsi a riflettere, per poter perdonare gli errori altrui.
Il regista riesce ad affrontare cos molte tematiche importanti: la fragilità e l’estrema solitudine dell’essere umano, la difficoltà del vivere, l’affannosa ricerca del “fare la cosa giusta”.
Emozionante e drammaticamente reale è il protagonista: piange, si dispera ma al tempo stesso rimane saldamente ancorato alle sue idee, ai suoi valori e non mette mai in discussione le sue scelte.
Abituati a film con elevati budget, effetti speciali e roboanti dialoghi, Knight confeziona un piccolo gioiello cinematografico che, nonostante si giochi con una macchina ed un solo volto, riesce ad emozionare, a far riflettere.

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